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FOTO Per ciascuno di noi il lavoro e la propria professione rivestono un’importanza fondamentale nella vita. Nella società occidentale, in particolare, l’orientamento verso la prestazione è molto forte e le persone trascorrono all’incirca 8-9 ore della loro giornata nello studio, a scuola o sul posto di lavoro. In media si tratta di 1.545 ore all’anno, perciò in 40 anni di attività lavorativa sommiamo 54.000 ore. Ma ciò che più conta è che i sondaggi fanno emergere che pochi sono felici e soddisfatti!
Gli studi più recenti confermano addirittura che una percentuale di molto superiore al 50% delle persone che esplicano attività lavorativa, si sentono stressate e non a proprio agio sul posto di lavoro. Se consideriamo che il lavoro occupa un terzo della nostra vita, il bilancio riguardante la soddisfazione nell’ambiente di lavoro risulta estremamente allarmante; e ancor più preoccupante è il fatto che questo malcontento si estende quasi sempre anche ad altri settori della vita privata.
Che cosa è possibile fare, dunque, per sanare questa insoddisfazione? Come possiamo imparare a godere del tempo dedicato al lavoro ed evitare lo “stress” ad esso connesso?
La Newsletter di oggi è tutta dedicata a questo argomento: professione, vocazione, motivazione, soddisfazione sul lavoro, studio… e a come trovare il lavoro ideale, nonché risolvere i blocchi grazie all’aiuto del nostro naturale intuito.
Recentemente è stato pubblicato uno studio statistico sugli ambienti di lavoro nei Paesi europei e il quadro che ne risulta appare piuttosto sconcertante:
Nemmeno il 50% delle persone in attività lavorativa è soddisfatto della scelta del proprio lavoro. Il 17% ritiene di aver deciso per una professione sbagliata e il 35% si sente stressato sul posto di lavoro.
I dati su esposti risultano piuttosto allarmanti e inducono a riflettere su alcuni quesiti:
– Qual è la professione ideale?
– Come si trova la professione ideale?
– Qual è il modo per sentirsi a proprio agio nell’ambiente di lavoro?
– Come ci si comporta in caso di stress o quando si è sotto pressione?
– Come si crea un ambiente di lavoro piacevole?
E che cosa accade sul tuo posto di lavoro? Prova a rispondere a te stesso, in tutta onestà, alle seguenti domande:
Rifletti ora sui punti ai quali non hai risposto con un SI e alle conseguenze che si potrebbero ripercuotere sulla qualità del lavoro e su eventuali fattori di stress.
FOTO Il signor Leif Agnéus, direttore generale di Kelly Services (una delle principali aziende di ricerca di personale a livello mondiale,) ci rende partecipi della sua esperienza affermando che: “Un elevato carico di lavoro per breve tempo può aumentare la produttività. Molte persone che lavorano sotto pressione sono spesso più creative; tuttavia, la pressione esercitata sulle prestazioni e sul tempo, non appena diventa cronica può determinare perdita di produttività ed effetti negativi sulla salute.”
La medicina distingue tra due diversi tipi di stress:
Analizziamo quindi, più da vicino, quali sono le cause dello stress negativo:
L’economia si evolve sempre più rapidamente e per molte aziende ne va dell’output, del volume d’affari e alla fine, del guadagno. Nel mondo del lavoro è impensabile ormai ignorare l’espressione “shareholder value” (definizione inglese che sta per: patrimonio azionario che deve aumentare con guadagni in continua crescita). Questa ricerca esasperata del guadagno causa spesso un elevata pressione sulle prestazioni e quindi una condizione di tensione, che con la definizione di “top down” si fa sentire chiaramente dai livelli dirigenziali fino ai livelli esecutivi.
Gli esperti di psicologia sono, inoltre, unanimemente d’accordo su un’ulteriore causa di stress associata all’ambiente di lavoro: i giovani devono scegliere troppo presto il loro indirizzo professionale. Non di rado si è costretti già da adolescenti a decidere concretamente per una categoria professionale e con l’andare del tempo, molti si rendono conto che sarebbe stato forse meglio scegliere un’altra strada. Per insipienza giovanile si decide spesso con l’ausilio della logica, raramente con la passione e l’entusiasmo. Il cuore avrebbe magari scelto qualcosa d’altro e così, ogni anno che passa, ci si accorge di essere sempre meno soddisfatti. Per contrastare questo fenomeno qualcuno inizia ad applicare qualche tecnica motivante ma, ciononostante, nella maggioranza dei casi inizia ad insediarsi uno schema emotivo ripetitivo: profonda tristezza il Lunedì, al settimo cielo, invece, il Venerdì che apre le porte del fine settimana.
Coloro che si trovano nel posto “sbagliato”, prima o poi si ritroveranno ad avere dei problemi; non necessariamente sul posto di lavoro, potranno anche essere problemi di salute o all’interno della famiglia. Quel che è certo, è che da qualche parte vi sarà una ripercussione. In genere inizia dalla testa: con l’atteggiamento interiore.
E’ anche possibile che ci si trovi in un ambiente di lavoro teso, dove imperversano conflitti perenni tra capo e collaboratori, tra collaboratori o tra clienti.
Il primo passo verso il miglioramento è, dunque, la presa di coscienza di ciò che è e di ciò che accade!
Entrambi i termini, professione e vocazione, si assomigliano ma differiscono profondamente nel loro significato, come il giorno e la notte. La professione è quella cosa della quale si vive, ciò che si fa per mantenersi nella vita. La vocazione, invece, è quella cosa per la quale si vive. Come dice chiaramente la parola stessa: si tratta di un’attività per la quale la persona si sente “chiamata”, un’occupazione nella quale si possono mettere a frutto nel migliore dei modi i propri talenti e le proprie capacità e con la quale si possono ottenere notevoli vantaggi per se stessi, per gli altri e per la società.
Contrariamente a quanto riportato nel paragrafo precedente, i segnali più evidenti che emergono dal professare l’occupazione ideale sono: svegliarsi con gioia il Lunedì mattina e andare a lavorare con slancio; sentire che il lavoro tocca il cuore e che soddisfa, non essere interessati all’orario, non contare le ore né attendere il Venerdì o le prossime vacanze.
Il fatto di svolgere il proprio lavoro solamente per denaro, sapendo che non lo si farebbe a fronte di uno stipendio ridotto, non è una buona premessa per essere felici. Anche nel mondo del lavoro c’è un dare ed un avere; bisogna però prestare attenzione alla sequenza di questi due concetti.
Se produciamo veramente un vantaggio per gli altri (società o datore di lavoro), chi lo riceve se ne rallegra e lo onora automaticamente – e tale riconoscimento costituisce un feedback evidente del fatto di avere creato un vantaggio a chi lo ha ricevuto. Questa consapevolezza provoca in noi automaticamente una gioia e la possibilità di compiacerci di ciò che facciamo. Inoltre, se il lavoro ci dà piacere le probabilità di fare bene quello che stiamo facendo sono molto alte.
FOTO Le nostre osservazioni ci mostrano, tuttavia, che alcune persone hanno una visione piuttosto distorta per quel che concerne il vantaggio per la società o per il datore di lavoro. Nonostante esse siano convinte di portare un certo tipo di benefici, chi li riceve (datore di lavoro o cliente) spesso li valuta in tutt’altro modo. Si tratta solitamente di persone che si sentono poco apprezzate e che pensano di dover sempre combattere per i loro diritti ed il loro riconoscimento. Anche questo tipo di conflittualità provoca stress negativo. Magari sono indotte a pensare di aver fatto un buon lavoro, ma che il loro impegno non venga riconosciuto o che non si trovi nessuno che voglia apprezzare ciò che hanno da offrire. Che cosa è andato storto in questo caso?
Due sono le possibilità: o il loro interlocutore non è in grado di riconoscere il vantaggio da essi prodotto e con ciò il loro valore personale, oppure essi si stanno autoconvincendo di produrre un vantaggio, ma in realtà non è così.
E’ ovvio pensare che se il mio interlocutore non è in grado di riconoscere il valore di ciò che produco e quindi il vantaggio prodotto dal mio impegno lavorativo, dovrò cercare volente o nolente un altro interlocutore (segmento della clientela o datore di lavoro). Nell’immediato, questa potrebbe essere la soluzione più semplice e rapida. Ma se anche il nuovo interlocutore non dovesse riconoscere il mio valore, dovrò esaminare in modo più preciso il vantaggio che ritengo di produrre. Se, infatti, si ripropongono sempre le stesse situazioni, vi sono molte probabilità che sia io stesso e non il mio interlocutore ad avere una visione in qualche modo distorta delle cose.
Come già riportato, quindi, se la nostra attività produce realmente un vantaggio, essa verrà anche spontaneamente onorata. Nel caso ciò non accada, è possibile tentare di spiegare il nostro operato al nostro interlocutore (che potremmo ritenere uno scarso intenditore) e i vantaggi dovrebbero essere indicati in modo amichevole e chiaro; ma se questi non reagisse, sarebbe opportuno riesaminare più attentamente il nostro lavoro. A conti fatti: o riconosciamo che il nostro operato non rappresenta un vero vantaggio per il nostro interlocutore, oppure cambiamo datore di lavoro. La nostra percezione individuale è sempre in relazione diretta con la forza della nostra consapevolezza.
I quattro punti da tener presente per trovare la professione ideale sono:
La via verso il traguardo è il traguardo stesso
FOTO Se sai qual è il tuo traguardo, lasciati mostrare dal tuo intuito il miglior modo per raggiungerlo, assieme agli ostacoli (blocchi emotivi e paure) che devono ancora essere risolti, nonché i conflitti ed i confronti con i quali deve ancora fare i conti.
E’ importante godere del percorso che conduce alla meta e percepire già nel presente la sensazione di aver raggiunto il traguardo. Molte persone vivono la loro vita immersi nelle loro visioni o nelle illusioni del futuro, dimenticando totalmente di rallegrarsi e di prendere coscienza della bellezza del momento presente. Solamente se riusciamo a sentire e ad apprezzare nel qui e ora la sensazione di quella particolare qualità di vita che desideriamo per noi, saremo in grado di attirarla anche nel futuro.
Proiettare una sensazione dal presente nel futuro è solo un’illusione, qualcosa di non reale. La sensazione desiderata deve diventare reale nel presente. Solo così si carica della forza di attrazione più potente.
È bene sapere che la professione ideale non significa solamente pace e gioia; in essa, però, ci sentiamo soddisfatti, cresciamo e ci espandiamo. Prendere coscienza di se stessi comporta automaticamente portare qualità di vita nel presente. Una simile crescita personale non avviene, tuttavia, tramite un processo lineare, ma con alti e bassi. Come alla borsa, con una tendenza di base verso l’alto!
Con un training mirato sull’intuito è possibile riconoscere e modificare i programmi inconsci. Tale allenamento comporta, inoltre, una maggiore quantità di informazioni disponibili sulla propria professione ideale, la propria vocazione, nonché le capacità ed i talenti rimasti finora nascosti, oltre all’opportunità di farsi indicare la via migliore per raggiungerli. Il proprio intuito può essere così inteso come un consulente o un coach interiore che fornisce idee per raggiungere gli obiettivi desiderati.
Quando si sono arrabbiati l’ultima volta i tuoi superiori, collaboratori, clienti? Cosa accade in quei casi?
Con l’emozione della rabbia, il cervello scatena un comportamento automatico e spesso inconscio e nelle discussioni accese, in maniera del tutto automatica, molte persone considerano gli altri responsabili della loro arrabbiatura.
In situazioni simili solo raramente gli interessati sono consapevoli dei principi basilari fisici che muovono determinate energie e altrettanto raramente si domandano quali siano le convinzioni inconsce che attirano a loro situazioni o persone irritanti.
Nel momento in cui ci si riferisce a se stessi si è spesso ciechi e si proiettano le proprie debolezze verso l’esterno, attribuendo automaticamente agli altri anche la responsabilità di ciò che non va secondo i propri desideri.
Quando poi i conflitti durano a lungo e a causa della propria cecità si è attivata una quantità sufficiente di stress negativo, come ultima soluzione si ritiene di dover tirare il freno d’emergenza. Accade, quindi, che il collaboratore si congeda dal suo superiore, oppure che il superiore licenzi il suo collaboratore. Lontan dagli occhi… Almeno per una delle parti il problema potrebbe apparire risolto.
Le nostre esperienze, tuttavia, ci mostrano che queste contromisure rappresentano solamente soluzioni a breve termine: se non cambiano gli atteggiamenti ed i comportamenti di base, infatti, per la legge della risonanza si finisce con l’attirare nuovamente e sempre situazioni simili!
E’ sicuramente già capitato ad ognuno di noi di attraversare situazioni in cui si è dovuto tirare il freno d’emergenza o in cui si è tenuto un atteggiamento vittimistico. Stando alle nostre osservazioni, nessuno dei due comportamenti è giusto o sbagliato ed entrambi rimangono in equilibrio nella vita di tutti noi. A volte è veramente necessario usare il freno d’emergenza e fare una pausa per prendere coscienza di ciò che accade. A volte, invece, è necessario anche accorgersi di essere stati trattati ingiustamente, per prendere coscienza delle proprie convinzioni inconsce e poi cambiarle. Non dobbiamo dimenticare che la parola “problema” inizia con il prefisso “PRO” ,che sta ad indicare qualcosa “PER”, qualcosa cioè che non siamo in grado di vedere al primo impatto a causa della nostra visione soggettiva e limitata. Ciò significa che in particolare i problemi ricorrenti minacciano di limitare la qualità della nostra vita e che sarebbe necessario esaminarli più attentamente; infatti, a prescindere dal fatto che siano problemi che riguardano il lavoro oppure altri ambiti della vita: quando rimangono irrisolti, i problemi ricorrenti cercano situazioni sempre più creative ed impressionanti pur di farsi notare nuovamente.
Come si fa, quindi, ad uscire rapidamente dalle situazioni in cui è necessario tirare il freno d’emergenza o comportarsi da vittime?
Ebbene, per prima cosa non bisogna pensare che sia tutta causa dell’interlocutore: troveremmo, infatti, solo il 50% della verità, poiché il rimanente 50% si trova in noi stessi.
In caso di conflitto impariamo quindi a sondare meglio l’accaduto ponendoci le seguenti domande:
Indubbiamente non è così facile rispondere a queste domande. Chi mai si occupa volentieri dei propri punti deboli!? Pur desiderando sondarci dentro, con il nostro senso della logica finiamo spesso con lo sbattere contro il granito. Ma se non troviamo risposte razionali alle domande proposte, allora è necessario ricorrere al consulente/coach interiore: l’intuito.
Va anche ricordato che questi conflitti, PRO-blemi, sono spesso un aiuto prezioso per prendere maggiore coscienza di sé, per diventare più consapevoli e potersi evolvere. Conosciamo molte persone che hanno cambiato diversi lavori o sono state ripetutamente “vittime” di licenziamento; persone che si sono poi trovate nella stessa situazione di prima poco dopo aver cambiato posto di lavoro – Lo stesso vale anche per le relazioni sentimentali. La loro condizione cambiava solamente dopo che avevano preso coscienza e modificavano il loro campo morfico ed i loro programmi inconsci con l’aiuto dell’intuito.
FOTO Oggigiorno lo stress fa parte del bon ton. Nel mondo occidentale, inconsciamente sembra quasi essersi fatta strada la convinzione collettiva che senza stress non esista successo. Pochi distinguono tra stress negativo e positivo. Se qualcuno raccontasse di avere una vita comoda verrebbe accusato di essere pigro, di lavorare troppo poco e si cercherebbero le cause di una situazione che non appare normale.
Pur sapendo che sarebbe ragionevole e quanto mai opportuno creare un ambiente senza stress, molti di noi cadono giornalmente vittima dello stress negativo.
Psicologi e medici sono d’accordo nel riconoscere che lo stress negativo si ripercuote sempre su qualcosa: motivazione, soddisfazione, salute, prestazione, ecc.
Molti non sanno che lo stress nasce prima di tutto nella testa: è una forma di pensiero. Si cerca di inserire forzatamente e in uno spazio di tempo limitato una certa attività e se non ci si riesce, sorgono delle conseguenze associate a paure. Non rimaniamo con il pensiero su quello che stiamo facendo ma riflettiamo su tutte le possibili paure e preoccupazioni.
Tutto questo provoca stress! Si inviano i propri pensieri costantemente verso il futuro dove si teme che il tempo a disposizione sia trascorso senza aver assolto un determinato compito; si ha paura che potrebbe succedere qualcosa di estremamente spiacevole. Oppure si inviano i propri pensieri verso il passato e si ripensa, ad esempio, ad un evento sgradevole accaduto molto tempo addietro.
Ciò significa che inviamo buona parte dell’energia disponibile nell’immediato presente, verso il futuro o il passato e che non ci concentriamo sul momento presente. Si forma così una frattura tra il presente e ciò che dovrebbe essere; una frattura che ci rode dentro e provoca stress negativo.
Riportiamo qui di seguito una breve selezione di paure consce o inconsce che si liberano in situazioni simili: paura di non riuscire, paura di non essere all’altezza, paura di perdere il lavoro, paura che costi denaro, paura dei clienti, paura dei superiori, ecc.
Se sappiamo di avere solo 30 minuti per arrivare all’aeroporto e il tempo sembra insufficiente, vi sono diversi possibili atteggiamenti che possiamo mantenere: aver fiducia di farcela, essere stressati e innervosirsi interiormente, oppure dire a se stessi: “Se perdo l’aereo parto domani”.
Quanta più energia e tempo dedichiamo alle nostre paure e preoccupazioni, quanto meno siamo nel presente e tanto più stress causiamo; inoltre, per risonanza finiamo con l’attirare situazioni simili.
E’ necessario, quindi, innanzitutto prendere coscienza di quali sono i programmi dello stress, i blocchi o le paure che sonnecchiano nel profondo, per poterli poi neutralizzare. Ciò aumenta automaticamente la qualità di vita nel presente.
Con la tecnica di MindGate è possibile imparare a riconoscere e neutralizzare questi programmi.
Una volta che hai riconosciuto che non stai ancora esprimendo il tuo vero potenziale, non licenziarti subito dal tuo lavoro ma cerca piuttosto di integrare queste nuove conoscenze nella situazione lavorativa che stai vivendo.
Non si tratta, infatti, di lasciare immediatamente il proprio posto di lavoro per cercare la serenità in un’altra sistemazione, quanto di riconoscere il proprio ruolo nella situazione presente (compito da imparare). Se darai il meglio di te, per risonanza attirerai anche il meglio per te stesso!
Cosa significa, dunque, essere felici nel proprio lavoro?
Esiste una narrazione intitolata “Fish”, che viene utilizzata per motivare i collaboratori aziendali. In questa storia vengono mostrati venditori di pesce in un mercato all’aperto di San Francisco che vendono pesce e sono contenti. Il pesce, come ben sappiamo, ha un odore piuttosto forte, ma questi venditori hanno il piacere di lavorare nonostante la puzza di pesce.
Il segreto della felicità è che non bisogna attendere tempi migliori, ma cogliere l’attimo e decidere di vivere la felicità nel presente. Cerca di farlo adesso! Ora! Non attendere le vacanze o di avere più “tranquillità”: così facendo ti perderesti con i pensieri nel futuro e con ciò i momenti più belli del presente. C’è il pericolo di trascorrere gran parte della vita in attesa!
Se ti risulta difficile e vedi solo il “negativo”, cambia punto di vista e osserva la situazione da una prospettiva diametralmente opposta. Ringrazia per tutto quello che hai e per quello che sei: tutto questo ti ha portato fino qui. – Decidi ADESSO, irrevocabilmente, di prendere in mano la tua vita!
Il successo sul posto di lavoro non è affidato al caso, ma è associato al proprio campo morfico personale!
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